domenica 21 ottobre 2007

Serve la poesia?


A cosa servono le poesie? Avranno una loro funzione, un loro senso. Nell’attesa che ognuno pensi (o proponga) una risposta ci permettiamo di trascrivere qui una poesia che, per quanto riguarda il senso proprio e l’utilità, è completamente inutile spiegare.
L’ha scritta Primo Levi e s’intitola “Canto dei morti invano”. Speriamo che se la leggano e tengano ben presente tutti i funzionari di ogni stato, i presidenti, i generali, i capitani d’industria e i finanzieri padroni di multinazionali.

Sedete e contrattate
A vostra voglia, vecchie volpi argentate.
Vi mureremo in un palazzo splendido
Con cibo, vino, buoni letti e buon fuoco
Purchè trattiate e contrattiate
Le vite dei nostri figli e le vostre.
Che tutta la sapienza del creato
Converga a benedire le vostre menti
E vi guidi nel labirinto.
Ma fuori al freddo vi aspetteremo noi,
L’esercito dei morti invano,
Noi della Marna e di Montecassino,
Di Treblinka, di Dresda e di Hiroshima:
E saranno con noi
I lebbrosi tracomatosi,
Gli scomparsi di Buenos Aires,
I morti in Cambogia e i morituri d’Etiopia,
I patteggiati di Praga,
Gli esangui di Calcutta,Gl’innocenti straziati a Bologna.
Guai a voi se uscite discordi:
Sarete stretti dal nostro abbraccio.
Siamo invincibili perché siamo i vinti.
Invulnerabili perché siamo già spenti:
Noi ridiamo dei vostri missili.
Sedete e contrattate
Finché la lingua vi si secchi:
Se dureranno il danno e la vergogna
Vi annegheremo nella nostra putredine.

14 gennaio 1985

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