martedì 30 ottobre 2007

Riceviamo e pubblichiamo

Poesia Malawi di Jack Mapanje
Avevo fame e voi avete fondato un club a
scopo umanitario e avete discusso della mia
fame.
Ve ne ringrazio.
Ero in prigione e voi siete entrati furtivamente
in chiesa a pregare per la mia liberazione.
Ve ne ringrazio.
Ero nudo e voi avete esaminato seriamente
le conseguenze della mia nudità.
Ero ammalato e voi vi siete messi in
ginocchio a ringraziare il Signore di avervi
dato la salute.
Ero senza tetto e voi avete predicato
le risorse dell’amore di Dio.
Sembravate tanto religiosi e tanto
vicini a Dio.
Ma io ho ancora fame, sono ancora solo,
ammalato, prigioniero, senza tetto.
Non credo si possa aggiungere niente a queste parole...

lunedì 29 ottobre 2007

Si usava così...


Tra vicini di casa si è sempre usato così. Da noi, in campagna, si abitava in cascine isolate o in gruppi di case, in contrade, in frazioni. Quando uno usciva di casa e si metteva per strada tutti gli chiedevano: “Dove vai?” ma non per ficcanasare, o magari anche un po’… Ma senza malizia. Chi si metteva per strada, comunque, diceva agli altri: “Hai bisogno? Vado giù in bottega, ce l’hai il pane?”.
Tra vicini si vigilava gli uni sui figli degli altri come fossero i propri. Per cui uno i figli li liberava completamente e i bimbi potevano correre e saltare tra ruscelli e fossi, qualcuno che vedeva c’era sempre. Se a uno capitava una grana o una disgrazia, in qualche modo si partecipava: i bimbi non facevano chiasso, si parlava bassa voce, nessuno cantava o fischiava. Se poi quella famiglia aveva bisogno di un pezzo di pane, c’era qualcuno che glielo dava. Se c’era un carro impantanato si correva a reggere e spingere, fino a liberare il carro dal fango. Non parliamo poi di quando c’era un incendio: nessuno si tirava indietro.
Com’è come società, una società del genere? A me sembra buona, bella e sensata.
Oggi le distanze si sono assotigliate e con i mezzi di comunicazione possiamo parlare con (quasi) chiunque al mondo istantaneamente. Sono tutti nostri vicini. Se hanno bisogno, se un bambino ha bisogno di una “stupidaggine” qualunque, basta dire che ci sono 20.000 Km di mezzo per giustificare l’inattività?

domenica 28 ottobre 2007

Loris Malaguzzi


Sapete chi è Loris Malaguzzi? È un uomo nato a Correggio, in Emilia Romagna nel 1920. A partire dal primo dopoguerra inizia a lavorare con gli “asili del popolo” autogestiti. Nel 1980 costituisce il Gruppo Nazionale Nidi-Infanzia. Diceva che l’educazione deve essere ricerca altrimenti diventa la prestazione di un servizio, un soggiogare l’infanzia ad un messaggio prefabbricato. Vuol dire, in pratica, che l’educazione è un percorso, un cammino fatto di molti dubbi, in cui nessuno può dire di avere scoperto il metodo definitivo. Loris Malaguzzi muore nel 1994 poco dopo aver fondato “Reggio Children”, un centro che si occupa di formazione, di scambio culturale.
La notizia di oggi su “La Stampa” è che a Reggio sono arrivate le educatrici giapponesi per farsi spiegare come si costruisce una scuola materna. E non sono le uniche: vengono da 90 paesi per visitare le scuole lodate dal giornale americano “Newsweek”.

Magari, un domani, tutta questa gente andrà anche in Costa d’Avorio per vedere quanto sono belle le scuole materne costruite da ivoriani e italiani.

sabato 27 ottobre 2007


Nell’Ottocento (e anche per larga parte del Novecento) andava “di moda” l’elemosina. Soprattutto le famiglie per bene, le dame della buona borghesia si mettevano insieme e la sera, o il pomeriggio, fra trine e merletti, sospiravano per i poveri orfanelli, per le fanciulle senza dote, per i vecchi morenti diseredati. Sospiravano e raccoglievano un po’ di soldi, da dare, volta a volta e caso per caso, a chi, apparentemente, sembrava loro più bisognoso. Inoltre si aiutava soprattutto chi aveva una condotta morale più edificante, più giusta. Se un uomo o, ancor peggio, una donna, avevano bisogno ma possedevano una cattiva fama, allora era veramente dura ottenere un aiuto. Questo, si pensava, avrebbe dovuto spingere tutti i poveri e bisognosi a tenere una condotta morale allienata alla morale dell’epoca. In realtà chi era nella miseria (soprattutto a partire dalla rivoluzione industriale) spesso non aveva modo di seguire la morale dell’epoca, tutto compresi a sopravvivere tra malattie, fame e pidocchi.
Oggi abbiamo smesso di parlare di elemosina. Sappiamo che per aiutare gli altri bisogna fare qualcosa di più difficile e duraturo che dare qualche monetina. Ad esempio fare una scuola, edificarla, fornirla di quel che serve e mantenerla nel tempo. Ma soprattutto serve fare le cose INSIEME. Non deve mai essere un dono, un contributo arrivato da “sopra”, ma un frutto di un progetto di collaborazione. È chiaro che, ad esempio, in Costa d’Avorio non hanno molti mezzi, ma parteciperanno anche loro con le loro quote a costruire e gestire la scuola, secondo le loro disponibilità. E poi si impara a fare le cose fuori dalla morale. A meno che una persona non commetta dei veri e propri reati, la sua condotta di vita non deve riguardare nessuno oltre la sua stessa coscienza.
L’aiuto si dà gratis, a tutti, cercando solo la collaborazione, e senza fare domande…
“All’ombra dell’ultimo sole / s’era assopito un pescatore / che aveva un solco lungo il viso / come una specie di sorriso”

giovedì 25 ottobre 2007

Quello che conta davvero




Abbiamo fatto una bella festa, quest'estate. C'era tanta gente,hanno mangiato, bevuto e ballato, giocato e cavalcato. Hanno pagato volentieri sapendo che quei soldi finivano tutti in Africa. Abbiamo fatto i mercatini (e chi c'è, c'è...): banchetti colorati, ricchi, belli di maschere e statuine, portachiavi ed anelli. Anche qui la gente è venuta ha visto e comprato volentieri per lo stesso motivo. Poi abbiamo fatto dei bei depliants, con belle foto e le spiegazioni di tutte le attività e i progetti. Alla fine abbiamo anche fatto il blog, con le foto e gli articoletti, come questo.L'unico rischio è che tutto questo sia un fine e non un mezzo.




Quello che conta davvero, l'unica cosa che conta davvero è sapere che ad oggi a M'Bonuà e ad Akoupè, in Costa d'Avorio, ci sono dei bambini che possono andare a scuola con il loro grembiulino, coi loro libri, con le loro maestre, con almeno un pasto al giorno tutti i giorni. Questo è il fine, questo è quello che conta. Tutto il resto sono parole. Sono parole utili, importanti, servono eccome, ma non sono niente se poi dietro non c'è il sorriso di un bambino.Bisogna ricordarselo sempre.

mercoledì 24 ottobre 2007

ONLUS


Cosa vuol dire ONLUS?

Organizzazione Non Lucrativa di Utilità Sociale.

Si, ma cosa vuol dire?

Che è un insieme di persone che lavorano accomunate da uno statuto, e che il fine delle loro opere tende a produrre qualcosa di utile per la società.


E che strumenti si usano per fare qualcosa di utile?

Qualsiasi, ovvero quelli che servono volta a volta: una scuola, un ospedale, un medicinale, un conforto psicologico.


E come si finanziano le ONLUS?

Con il contributo di tutti quelli che hanno voglia di contribuire.


E' legale che una ONLUS abbia macchine, aerei, appartamenti? E che abbia dipendenti, rimborsi spese, cene di rappresentanza, schede carburanti?

Certo che è legale, è previsto e pacifico.


Ma allora che differenza c'è tra "Luca è con noi" e qualsiasi altra ONLUS?


"Luca è con noi" non ha dipendenti, non ha mezzi o immobili di proprietà. Ha solo la forza, la voglia e la buona volontà degli associati. E basta.


Bisognerà tornare sull'argomento, parlarne, capire meglio la differenza...

martedì 23 ottobre 2007

Sull'isola deserta


Durante un programma radiofonico la conduttrice ha chiesto agli ascoltatori di intevenire con una telefonata o un sms dicendo che cosa si porterebbero appresso se dovessero andare su un'isola deserta.
Ci sono stati gli interventi più disparati: libri, carta, computer, telefoni, TV, lettori DVD o mp3, impianti satellitari, radiofonici, lampadine, candele. Pochissimi hanno pensato più semplicemente ad un accendino, ad un set da pesca, a del disinfettante, antibiotici, antidolorifici. Magari un semplice coltello, una pistola lanciarazzi, una tenda, un filtro per l'acqua o anche dei semplici contenitori...
Non avere problemi materiali da risolvere ci porta a non considerarli come problemi: ce ne dimentichiamo, semplicemente. E' tanto lontana da noi l'idea che si possa essere, un giorno, senza una pentola in cui cucinare, senza il fuoco, senza una benda con cui fasciare una ferita, che non la prendiamo più in considerazione.
E se non è un problema per noi, perchè dovrebbe esserlo per qualcun'altro al mondo?
Dalle risposte date alla conduttrice mi pare di capire che quello che ci manca è la comunicazione, ovvero la capacità di dialogare con gli altri. Dialogare: cioè dire e ascoltare.

lunedì 22 ottobre 2007

Don Lorenzo Milani


"La scuola deve tendere tutto nell´attesa di quel giorno glorioso in cui lo scolaro migliore le dice: "Povera vecchia, non ti intendi più di nulla" e la scuola risponde con la rinuncia a conoscere i segreti del suo figliolo felice solo che il suo figliolo sia vivo e ribelle".


Lettere di don Lorenzo Milani priore di Barbianada




Può essere che qualcuno non lo conosca, può essere che qualcuno non lo senta appropriato a questo blog. Io penso che chi si occupa di scolarizzazione, soprattutto quando scuola significa anche emancipazione da una condizione di povertà, allora è indispensabile conoscere la vita e le opere di questo parroco, di questo insegnante, di questo fine pensatore del nostro tempo.La sua grandezza sta nelle azioni che ha fatto: ha costruito una scuola in un paesino disperso sull´Appennino, ha dato un modello e una dignità a dei fanciulli poveri e disorientati, mostrandogli una via possibile e degna, nel rispetto degli altri e soprattutto di sè stessi. Gli ha insegnato il debito rispetto delle leggi ma anche il diritto di discuterle e addirittura di contrastarle, se è il caso.Poi ci sono i libri, scritti da lui e dai suoi ragazzi ("Lettere ad una professoressa" o, prima ancora: "Esperienze pastorali").Occorre anche ricordare che tra lui e la Chiesa non è mai corso un ottimo rapporto.

domenica 21 ottobre 2007

Serve la poesia?


A cosa servono le poesie? Avranno una loro funzione, un loro senso. Nell’attesa che ognuno pensi (o proponga) una risposta ci permettiamo di trascrivere qui una poesia che, per quanto riguarda il senso proprio e l’utilità, è completamente inutile spiegare.
L’ha scritta Primo Levi e s’intitola “Canto dei morti invano”. Speriamo che se la leggano e tengano ben presente tutti i funzionari di ogni stato, i presidenti, i generali, i capitani d’industria e i finanzieri padroni di multinazionali.

Sedete e contrattate
A vostra voglia, vecchie volpi argentate.
Vi mureremo in un palazzo splendido
Con cibo, vino, buoni letti e buon fuoco
Purchè trattiate e contrattiate
Le vite dei nostri figli e le vostre.
Che tutta la sapienza del creato
Converga a benedire le vostre menti
E vi guidi nel labirinto.
Ma fuori al freddo vi aspetteremo noi,
L’esercito dei morti invano,
Noi della Marna e di Montecassino,
Di Treblinka, di Dresda e di Hiroshima:
E saranno con noi
I lebbrosi tracomatosi,
Gli scomparsi di Buenos Aires,
I morti in Cambogia e i morituri d’Etiopia,
I patteggiati di Praga,
Gli esangui di Calcutta,Gl’innocenti straziati a Bologna.
Guai a voi se uscite discordi:
Sarete stretti dal nostro abbraccio.
Siamo invincibili perché siamo i vinti.
Invulnerabili perché siamo già spenti:
Noi ridiamo dei vostri missili.
Sedete e contrattate
Finché la lingua vi si secchi:
Se dureranno il danno e la vergogna
Vi annegheremo nella nostra putredine.

14 gennaio 1985

sabato 20 ottobre 2007

Sono arrivate!


Anche questa foto non ha bisogno di commenti: sono arrivate le nuove sedie per la scuola di M'Bonuà, e sono piccine, colorate e carine. Le ha fatte per noi un consorzio ivoriano, un progetto di lavoro solidale.

Come tutti gli oggetti propri dell'infanzia hanno un che di delicato, gioioso e pieno di speranza.

giovedì 18 ottobre 2007

Son soddisfazioni...


Non c'è molto da scrivere, salvo un breve commento della foto.

M'Bonuà (C.d'I) ottobre 2007.

Si tratta di bambini che nel loro paese, con le loro famiglie, nell'ambiente nel quale sono nati e cresciuti, potranno andare a scuola grazie alla associazione "Luca è con noi" e grazie agli amici ivoriani che hanno collaborato e stanno collaborando per la realizzazione del progetto.


In questo gruppo ci sono 3 premi Nobel, 2 medici, 1 regista cinematografico, 3 insegnanti di storia e filosofia, 5 di matematica più alcuni non titolati ma sereni e felici...


Ci piace sognare un mondo così e ci piace fare qualcosa perchè non resti un sogno.

Savona: rassegna cinematografica sull'Africa


Faccio notare che sono pure a "ingresso libero".
Quelli che non lavorano solo di martedì si rassegnino da subito...

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L’Assessorato alla Cooperazione e alla Pace della Provincia di Savona e Nuovofilmstudio, in collaborazione con ANOLF-C.I.S.L., Progetto Sviluppo-C.G.I.L., Ce.Sa.Vo., Spes S.C.P.A., presentano:
Uno Sguardo all’Africa
Rassegna di cinema africano III edizione - A cura di Daniela Ricci

giovedì 8 novembre, ore 20.45
Barakat! (Ora basta!)
di Djamila Sahraoui
Algeria/Francia 2006, 90’
In un’Algeria ancora vittima del fanatismo integralista, due donne, Amel e Khadidja, partono alla ricerca del marito della donna più giovane rapito a causa dei suoi coraggiosi articoli. Il loro percorso, denso di pericoli e di scoperte, permetterà alle due amiche di conoscersi più a fondo, di accettare le rispettive differenze generazionali e di sentirsi solidali nella lotta contro ogni discriminazione e violenza.
Seguirà incontro con la regista Djamila Sahraoui - Ingresso libero

giovedì 15 novembre, ore 20.45
La noire de… (La nera di…)
di Sembène Ousmane
Senegal 1966, b/n 55’
Tratto da una novella dell'autore, il film narra la tragica vicenda di Diouana, una domestica senegalese a servizio presso una famiglia di cooperanti francesi. Trasferitasi ad Antibes per seguire i suoi padroni nel periodo delle vacanze, la giovane subisce un processo di alienazione inesorabile. Analfabeta e di umili origini, Diouana non ha alcuna possibilità di integrazione sociale. La solitudine e l'isolamento nella casa di "madame" diventeranno insopportabili.
Omaggio a Sembène Ousmane - Seguirà incontro con testimonianze di migranti a Savona - Ingresso libero

giovedì 22 novembre, ore 20.45
Taafe fanga (Il potere del “pagne”)
di Adama Drabo
Mali 1997, 100’
Vivace commedia che narra come un giorno le donne si impossessarono del potere e invertirono i ruoli nella società. La confusione dei generi fino al travestimento, lo stravolgimento di tutte le abitudini quotidiane danno vita a gag irresistibili.
Seguirà commento al film a cura di Daniela Ricci - Ingresso libero

giovedì 29 novembre, ore 20.45
Dal Kongo al Congo
di Masengo ma Mbongolo
spettacolo teatrale
Dal Kongo al Congo è uno spettacolo multimediale scritto, diretto ed interpretato da Masengo ma Mbongolo, artista del Congo Brazzaville con pluridecennale esperienza nel campo del teatro.
Narra la storia della migrazione dei popoli neri africani in generale e del popolo Kongo in particolare, a partire dall'antico Egitto fino ai nostri giorni. Attraverso questo percorso - la cui ricerca non si è soffermata ai soli libri di storia ma è andata a prendere informazioni anche dalle tradizioni orali africane - il pubblico sarà piacevolmente sorpreso di scoprire un nuovo mondo di informazioni e conoscenze. Lo stile è quello del Bunzonzi, ossia l'antica arte del parlare e del comunicare tipica di questa zona del centro Africa, accompagnata da immagini illustranti la storia narrata proiettate sullo sfondo, e - naturalmente - musica.
spettacolo teatrale di e con Masengo ma Mbongolo - Ingresso libero

mercoledì 17 ottobre 2007

Capire la differenza


Ci sono delle innegabili differenze tra i popoli, tra le etnie, tra chi abita zone diverse della nostra terra. Ad una prima occhiata c’è chi potrebbe presumere una certa superiorità di alcuni sopra altri, una vaga convinzione che chi vive, ad esempio, nella foresta sia più “arretrato” di chi vive in una città. Questo non sarebbe vero neppure se ci fossero dappertutto le stesse condizioni, gli stessi ambienti. Ancor meno lo è quando ci sono tante differenze tra i posti in cui questa gente vive.

Cerco di spiegarmi meglio: un ricercatore tra i boscimani potrebbe pensare di possedere cultura e civiltà: nel suo paese ci sono aerei e televisioni, telefoni, medicinali, trapani e forni a microonde. Tra i boscimani si va a piedi, si caccia con una lancia che il cacciatore si costruisce da sé, si cucina sul fuoco tra le pietre e non c’è elettricità.

Allora è interessante leggere quel che racconta Alberto Salza su “La Stampa” del 13 ottobre, pag. 41.
“Vivevo con i boscimani da un anno quando chiesi all’uomo più vecchio del gruppo di avere anch’io un ruolo nella comunità. Volevo cacciare, come facevano gli altri uomini, ma il vecchio rispose di no: “Tu puzzi e fai un sacco di chiasso con le scarpe, gli animali scappano”. Allora proposi di partecipare alla raccolta di vegetali spontanei con le donne. Altro rifiuto del vecchio: “Qui è pieno di piante velenose, le conosci tutte?”. Avrei potuto avere lo status e compiti del bambino? Nemmeno: non ero abile a cacciare i bruchi e le lucertole che integravano la dieta. Il vecchio rilanciò: potresti fare la bambina. Le bambine preparavano gli ornamenti per le cerimonie: fui ammesso a fare le perline”.

L’uomo bianco quasi inutile e incapace a vivere nella foresta…

martedì 16 ottobre 2007

Conoscersi, condividere, costruire


Quando l’Associazione si muove in pubblico, sia per un mercatino che per una semplice presentazione, ci tiene a portarsi appresso alcuni tabelloni su cui sono applicate delle fotografie. Queste rappresentano scene di vita quotidiana in Costa d’Avorio, ci sono alcuni volontari che lavorano, ci sono i bambini, ci sono le piante e i paesaggi di quel bellissimo posto.
Chi è stato in Africa cerca di spiegare, di illustrare con l’aiuto di questi tabelloni, cos’è e com’è fatto questo posto, che gente ci vive, quali le loro consuetudini. Si è cercato di fare una descrizione verosimile del territorio, non una cartolina per turisti: non c’è solo il bello e non c’è solo il brutto (quel poco). Ci sono bambini che sorridono, ci sono persone che lavorano alla costruzione della scuola (Plodiesi e Ivoriani insieme…), le piantagioni di banane, il legname pregiato, ma anche le povere case, la polvere, il bisogno stesso di pace che si legge in molti occhi.

Alla base della collaborazione c’è la condivisione, allora abbiamo pensato di fare un tabellone da portare nella scuola quasi finita, quella di M’Bonuà, con tante foto per spiegare per bene chi siamo, cosa facciamo, in che posti abitiamo. Ci saranno dei bei paesaggi del paese di Plodio e dei comuni della Val Bormida, i boschi e i bricchi. Ma anche le fabbriche, il traffico, gli scorci non proprio belli. Ci saranno i membri del direttivo mentre fanno il loro lavoro di ogni giorno: muratore, cuoca, contadino, operaio, parrucchiera, impiegata, allevatore. Quelli del direttivo che andranno a M’Bonuà potranno spiegare, con l’aiuto delle foto, chi siamo e come viviamo.

Condividere, come si condivide quello che si mangia, da persone civili: in Sardegna si dice: “Nel pane diviso si siede l’angelo”.

lunedì 15 ottobre 2007

Calizzano: missione compiuta!





Siamo stati a Calizzano e anche questa volta è andato tutto bene. Il banchetto era (come sempre) bellissimo e da poco approvvigionato con nuova mercanzia. Ci sono dei gattini di legno bellissimi, statue alte e basse, gufi “cacciasfiga”. Un buon successo lo registrano sempre i modellini in legno di Harley : delle piccole sculture.
Della festa in genere segnaliamo la quantità di bancarelle con ogni tipo di prodotto, soprattutto roba del posto, prodotti agricoli stagionali, come castagne, zucche, mele e aglio.
Poco lontano dalla piazza c’erano pure le evoluzioni degli “Overdrive” vigilati dagli ottimi Fabrizio e Hares.
Alla prossima volta! Dove? Ancora non sappiamo, forse a Toirano… Vi faremo sapere.

sabato 13 ottobre 2007

"Save the children"


Un amico mi fa: “Hai visto i vostri concorrenti di “Save the children?” Stanno facendo una campagna grandissima, hanno un sacco di progetti, sono più forti di voi!”
Gli ho detto che non siamo concorrenti: prima di tutto loro si occupano di scuole elementari e medie, noi di scuole materne. Ma poi, anche se fosse, seguiamo due sentieri diversi che portano nello stesso posto.

Se invece di dare un euro a “Luca è con noi” (e ricordiamo che tutti i soldi saranno investiti in progetti solidali in Costa d’Avorio a favore dell’infanzia) un nostro amico dà una certa cifra a “StC” o altra associazione che lavora per lo stesso fine noi non abbiamo nient’altro da dire che: “BRAVO!”.
Non esiste concorrenza, esiste al massimo collaborazione e diverso modo di operare.

“Luca è con noi” è una realtà piccola, che vuole restarlo, che vuole imparare ad aiutare. Siamo giovani, guardiamo le grandi organizzazioni con tutto il rispetto che meritano.

Noi facciamo delle cose alla nostra portata, che si possano seguire per bene, con calma, senza sprecare una briciola e facendo in modo che quella briciola renda tantissimo dal punto di vista umano.

Poi, ognuno scelga il sentiero che preferisce…

Ecco qui una parte del comunicato di “Save the children”:

Per rispondere alla sfida rappresentata da 39 milioni di minori che per colpa delle guerre non vedono riconosciuto il diritto all'istruzione Save the Children sta lavorando e continuerà a lavorare con enorme impegno su quattro fronti”, spiega Valerio Neri, Direttore Generale di Save the Children Italia. “Operiamo sul campo assicurando scuola e istruzione di qualità e supportando i sistemi scolastici nazionali. Cerchiamo di rendere tutti - opinione pubblica, governi nazionali e istituzioni internazionali - più consapevoli del problema e delle possibili soluzioni. Stiamo mobilitando donatori istituzionali e privati. Stiamo lavorando con la comunità umanitaria per garantire che l'istruzione sia assicurata sin dalle fasi iniziali di qualunque emergenza”.Secondo il Rapporto “Riscriviamo il Futuro un anno dopo”, finora sono 3,4 milioni i bambini e le bambine che in oltre 20 paesi hanno ricevuto un'istruzione di qualità grazie a Save the Children. 590.000, in particolare, hanno potuto accedere e iscriversi alla scuola elementare.Formazione degli insegnanti, costruzione e ristrutturazione delle scuole, sviluppo dei programmi scolastici, creazione di spazi sicuri nei campi profughi e sfollati, corsi di apprendimento accelerato e di recupero, reinserimento dei bambini soldato. Inoltre, creazione di club di bambini e attività di educativa fra “pari” per stimolare la partecipazione e responsabilizzazione dei ragazzi, formazione dei presidi e dei quadri dirigenti per migliorare la gestione scolastica, monitoraggio dei bilanci statali affinché sia implementato, reso più trasparente e razionale il finanziamento pubblico dell'istruzione. Sono alcune delle principali attività realizzate e portate avanti da Save the Children nell'ambito di “Riscriviamo il Futuro”.

venerdì 12 ottobre 2007

A Calizzano!!




Tutti a Calizzano domenica!
C’è una bella manifestazione organizzata dal un club overdrive, come dire fuoristrada, per chi non se ne capisce. E c’è il banchetto con tutte le belle cose africane in vendita. Ci vediamo?
Io che scrivo ci sarò al pomeriggio, quindi, per tutti quelli che sono restii a lasciare un commento qui per dire se questo blog vi piace o meno, potete venire a Calizzano domenica (mattino o pomeriggio): si chiacchera un po’ di cose africane, dei progetti in corso e di quelli “in nuce”, si vende e si compra e, volendo, si critica aspramente l’autore del blog…

A presto, allora!
Ma venite, neh!

giovedì 11 ottobre 2007

Una malattia fuori moda...


Ci sono malattie che non ci riguardano più. Almeno noi pensiamo che non ci riguardino. Abbiamo paura di infettarci e ammalarci con cento patologie diverse ma alcune fanno parte del nostro passato. La TBC ad esempio, è roba che viene dal passato. C’è stato un momento in cui si vendevano certi francobolli che francobolli non erano, e che avrebbero dovuto servire per la lotta alla tubercolosi. Di memoria più antica ci sono i sanatori, in montagna magari, dove qualche nostro avo può essere stato confinato in attesa di guarigione o di morte. Poi le cure, gli antibiotici, le norme igieniche. Oramai non ci fa più paura la TBC. E abbiamo ragione: altre cose sono da temere per la nostra salute occidentale evoluta.
Ma in molti paesi la tubercolosi prosegue la sua opera: tra cui, Burkina Faso, Kenya, Madagascar, Mali, Mozambico, Niger, Nigeria, Costa d'Avorio, Togo, Uganda, Rwanda, Myanmar, Iraq, Mali, Tajiikistan, Bosnia-Erzegovina.
Il problema non è tanto la cura in sé: sono stati trovati rimedi che funzionano, non è un problema particolarmente grave. Il fatto è che in alcuni paesi è difficile seguire le cure per problemi oggettivi di ambiente, disponibilità dei farmaci, condizioni igieniche ambientali, precedenti malattie batteriche.
Finalmente è stato annunciato dall'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) un accordo tra "Stop TB Partnership's Global Drug Facility" e "UNITAID", che intendono collaborare insieme per fornire farmaci antitubercolotici a diciannove tra i paesi paesi più poveri del mondo. Non si tratta solo di dare una pastiglia ma di seguire il decorso della malattia (che di sovente non si manifesta neppure in maniera evidente) facendo in modo che l’ammalato abbia accesso alle cure del caso con continuità, fino alla (auspicata) guarigione. Global Drug Facility fornirà oltre ai farmaci anche assistenza tecnica, mentre UNITAID destinerà all'iniziativa 26.8 milioni di dollari per il 2007 e tutto il 2008.
La condizione disagiata è, tutto sommato, la causa principale della diffusione di malattie come la TBC, problemi sanitari che da noi forse occuperebbero pochi minuti del tempo di qualunque medico e si risolverebbero presto e bene. In genere si tratta di malattie che si diffondono a causa di cattive condizioni igieniche (da collegare con la mancanza d’acqua) e la non disponibilità di medici e medicine per fare diagnosi precoci e interventi mirati fin dall’inizio della malattia.
Insomma: la TBC, l’erisipela o altre malattie batteriche che possono essere gravi saranno sconfitte semplicemente migliorando la qualità della vita delle persone.

mercoledì 10 ottobre 2007

Apprendiamo dal Notiziario SMA



Il 30 luglio a Bouakè, al termine del suo discorso alla folla, il primo ministro Guillame Soro ha chiesto a tutti i presenti di alzarsi in piedi e pregare per un minuto in silenzio, ognuno nella propria religione, a favore della pace. “Siamo ad un punto di non ritorno” ha detto Soro, “Non faremo altro che la pace”.
La cerimonia, dopo il discorso del presidente Laurent Gbagbo, è proseguita con la “Fiamma della pace”, un immenso rogo alimentato con ben 2000 armi.

Speriamo di vedere identici roghi sparsi per tutto il mondo, roghi ove le armi brucino fino a diventare nient’altro che cenere, cenere da spargere nei campi coltivati.

martedì 9 ottobre 2007

(in ritardo) la Festa del Mulino


Foto: festa del Mulino nel 1954




Per la festa della Madonna del Deserto, a Giusvalla, la prima domenica di settembre, si fa festa. In località Mulino c’è una chiesetta minuta, una cappelletta. Dentro c’è una statua forse troppo grande, comperata nel 1911 e messa là, nella chiesetta appena costruita, da Carlo Marenco, uomo pio e barbuto, il quale sciolse così un voto fatto alla Madonna: se suo figlio, ferito ad una gamba da una lamiera affilata, non avesse dovuto patire l’amputazione dell’ arto e fosse guarito, lui avrebbe costruito la chiesa e la statua, ed avrebbe legato sé e tutti i suoi discendeti a mantenerla solo per il culto e in decente stato.
Sono passati ormai 96 anni. I discendenti di Carlo ci tengono a fare una piccola festa. La gente delle case vicine viene e partecipa come può. Dopo la messa, nel pomeriggio, si mangia un po’ di torta, due frittelle, un bicchiere di vino. Ogni anno si ragranella qualcosa. Tolte le spese per il lavori di manutenzione si decide dove destinare le offerte raccolte. Quest’anno il comitato dei festeggiamenti ha deciso di versare una parte delle offerte proprio a “Luca è con noi”. Quella domenica la gente ha guardato con interesse le fotografie della scuola di Akoupè, qualcuno si è preso un volantino, un pieghevole per saperne di più. Altri hanno offerto qualcosa con una motivazione in più.
Il comitato ha versato alla nostra associazione 500 euro, che finiranno, come tutti i soldi che ci arrivano, per azioni concrete in Costa d’Avorio. I discendenti di Carlo dicono che l’avo pio e barbuto approverebbe senz’altro.

lunedì 8 ottobre 2007

"Vendere" bambini


Carla lo dice per scherzo. Lei è tra i fondatori del gruppo, ha già “venduto” tantissimi bambini. Eppure sorride come se fosse la prima volta. “Ma che contenta che sono: ho venduto un bambino. Ma come mi piace vendere i bambini”. C'è chi l’ha messa in guardia: “Guarda che se qualcuno non capisce ti mettono dentro!” e abbiamo riso insieme della cosa.
Perché “adottare un bambino a distanza” è una frase lunga e complessa e fa magari un po’ paura. “Vendere un bambino” è semplice, un po’ buffo e attira molto l’attenzione.
Ma poi, cosa s’ignifica esattamente? Com’è che funziona? Semplice: c’è un album, nel quale sono conservate attentamente un certo numero di schede. Ogni scheda corrisponde a un bambino segnalato dal nostro collaboratore ivoriano. Chi vuole adottare sfoglia l’album e decide per una faccia, un nome, un connotato che per qualche motivo (o anche nessun motivo) lo colpisce, lo incuriosisce. Alcuni scelgono alla cieca: “Questo!” e fin che non hanno la scheda per le mani non vogliono sapere nulla. Altri, li ho visti io all’attenta ricerca, sfogliano e sfogliano, ogni tanto si scambiano qualche parola sottovoce, a volte sorridono inteneriti. Una coppia in particolare, dopo aver a lungo cercato, si è fermata su una bimba non proprio graziosa, un certo sguardo un po’ sfiduciato, il corpo magro, dimesso. “Vogliamo questa!” Bene, benissimo, non c’è problema. Ma perché volete proprio questa? Gli abbiamo chiesto, e loro: “Perché non è bella come le altre e ha sicuramente un bisogno ancora di più di qualcuno che le dia una mano”.
Abbiamo pensato sorridendo: “Che bello vendere bambini..:”

sabato 6 ottobre 2007

Sta scritto


Sta scritto: “Vive
veramente chi è utile all’umanità e sa usare sé stesso; mentre coloro che stanno appartati e nell’inerzia, fanno della loro casa una tomba. Sulla soglia, al posto del nome, si potrebbe scrivere, come un’epigrafe sul marmo: sono già morti prima di morire”*.

Chi ha scritto questa sentenza si riferiva probabilmente soprattuto all’impegno civile e politico che è il tessuto stesso del governo di uno stato, di un regno, di un consorzio umano.
Fino a tutti gli anni ottanta non c’era altro impegno “utile all’umanità” che non fosse quello politico, al di là dell’orientamento o della formazione. Nel giro di pochi anni le cose sono cambiate, pochissimi vogliono ancora fare la rivoluzione, ancora meno (fortunatamente) si preparano con le armi a resistere alla rivoluzione. Esistono i partiti ma non hanno più quella partecipazione, quel sentimento che hanno caratterizzato un epoca lunga quasi quanto il secolo XX.

Non c’è più altro da fare? Anzi: c’è tutto da fare, si è scoperto che il mondo è grande e complesso, e che, mentre i “politici” discutono, ingiungono, s’indignano, legiferano, si può fare un qualcosa di semplice e materiale per essere “utile all’umanità”: magari una scuola materna in un villaggio lontano. Perché, tra l’altro, chi si occupa di solidarietà internazionale è così distratto dal fine che non si accorge dei confini nazionali, del colore della pelle, della lingua, dello stato patrimoniale.


* Seneca, Epist. LX, 4

venerdì 5 ottobre 2007

Peggio della guerra


Cosa c’è di peggio che la guerra? Una guerra in cui a combattere ci sono anche dei bambini. È purtroppo una cosa nota, detta e citata: in Africa, ma anche in Asia, in Sud America, eserciti più o meno regolari arruolano volontariamente o meno dei minorenni, talvolta dei bambini.
L’amico Davide mi faceva notare che non è una novità degli ultimi decenni e non è una invenzione africana. Più o meno a tutte le latitudini e longitudini e in tutte le ere si è cercato di portare i fanciulli alla guerra. Il caso più noto a noi e più vicino è quello della Gioventù Hitleriana, estremo baluardo a difesa del Reich ormai agonizzante, carne giovane data in pasto agli alleati.
Oggi sono soprattutto i paesi più poveri, quelli che conoscono già le carestie, le violenze, le malattie, a trovarsi di fronte a questo danno incalcolabile. Perchè lo fanno? Perchè i soldati mancano sempre, perchè le armi sono piccole e leggere, perchè un bambino lo puoi addestrare, sottomettere, violentare in senso psicologico prima che fisico più facilmente di un adulto. E perchè i bambini fanno i soldati? Perchè o sono obbligati e non hanno scelta, oppure perchè sono alla fame, senza famiglia e anche qui non hanno scelta. E non solo i bambini, ma anche le bambine vengono "arruolate" e usate come sguattere. E vorrei fermarmi qui.
Il danno ancora maggiore rispetto a quello che già esiste, ovvero ad aver obbligato un bambino a compiere atti terribili, è che questo bambino è quasi perduto, riuscirà a recuperare sè stesso solo con grandissima difficoltà e solo se incontrerà persone e occasioni che gli siano d’aiuto.
Ci sono molte organizzazioni che si occupano di questo: il recupero di bambini-soldato. Oltre al recupero di questi fanciulli bisogna fare in modo che ci siano le condizioni per cui NON CI SIANO PIU’ BAMBINI SOLDATO, perchè si diffonda la cultura della Pace, della condivisione, della speranza, dell’accoglienza, della solidarietà, dello scambio di culture, della non-violenza. Solo così si potrà fare argine contro gran parte delle gravi ingiustizie che insistono su questa terra. Per questo ogni piccola azione, anche una scuola in un villaggio della Costa d’Avorio (e anche questa nazione, nel nord, è stata toccata dalla tragedia di cui abbiamo parlato) serve, contribuisce a fare barriera al male.

giovedì 4 ottobre 2007

Emergency





Ogni tanto buone notizie:
In Sudan il Centro Salam di cardiochirurgia e'

ormai in piena attivita'.

In soli 6 mesi lo staff di
EMERGENCY ha effettuato:
168 interventi a cuore aperto
oltre 3.500 visite ambulatoriali
e più di 1.700 visite specialistiche
Visitate il sito di Emergency

mercoledì 3 ottobre 2007

Chiese e scuole


Foto: vallata di Plodio vista da Sant'Anna




La chiesa di Sant’Anna si trova su un’altura di Plodio da cui si domina la vallata. Si dice che sia stata costruita dai pastori provenienti dal Piemonte che si sono poi stabiliti in quello che è diventato il paese di Plodio. La chiesetta è isolata, piccola e bella, con il suo porticato, il campanile recente, una sola spaziosa navata. Ordinata e pulita. Il portichetto anteriore è lastricato di sasso grigio, si dice portato là dai carrettieri che un secolo fa scendevano a Millesimo carichi di legna. Al ritorno si caricavano le pietre lavorate dalla cava, spianate e rese regolari, ideali per lastricare un porticato, una "sosta" come si dice in dialetto, un luogo dove riparasi, se dovesse piovere, riposarsi, mangiare un pezzo di pane, dire un’orazione. I carrettieri l’avevano pensata bene: fra Plodio a Millesimo le cascine erano rare, non sempre si trovava un posto da ripararsi. E poi vicino all’unico soccorso a cui, a quel tempo, si poteva ricorrere.
Oggi la chiesa ha avuto bisogno di qualche piccolo lavoro di manutenzione (un paio di tegole) e qualche amico è salito fin lassù, si è portato il materiale e ha fatto quel che si doveva fare. Per combinazione questo amico è pure uno del gruppo "Luca è con noi".
A me è venuto in mente che c’è un fil rouge che lega una chiesetta sul colle in Valle Bormida a una scuola materna in Costa d’Avorio. Ora mi spiego: quando è stata costruita quella chiesetta non era solo un edificio silenzioso e pittoresco, come ci appare oggi. Molte persone si sono avvicendate appresso alla "fabbrica" dell’edificio: chi poche ore, chi giornate. Ci sarà chi ha fatto da mangiare e chi ha portato anche solo un po’ d’acqua, che di più non aveva. Per quella gente che lo ha edificato, questo tempio è anche un simbolo in cui riconoscersi, un modo per dire ai passanti e nei secoli a venire: "Guarda, qui ci abita gente che sa lavorare bene, che va daccordo, a cui merita dare fiducia". Poi la chiesa, fino a una cinquantina d’anni fa, era luogo di ritrovo, piazza comune nella quale, oltre alle debite orazioni, nascevano trattative e contratti, si dirimevano liti e discussioni, ci si riappacificava e si programmavano magari cene o merende. Intorno alla chiesa viveva il paese. È cambiata la società, da agricola a industriale, e oggi ci si ritrova al bar, più difficilmente nella piazza della chiesa. I lavori per l’interesse comune li gestisce la pubblica amministrazione. Eppure ancor oggi quel luogo e quella chiesa fanno parte del mondo sentimentale dei plodiesi, la sentono "propria" nel senso più esteso e positivo del termine. Tanto che ancora oggi c’è chi sale fin lassù per tenerla in ordine.
Non mi stupisce (ed è questo il sottile legame a cui accennavo) che la stessa gente, o meglio i figli di quella gente, possano pensare di aiutare a fare una scuola in Costa d’Avorio. Un edificio del genere in un posto del genere non è solo una scuola, è un posto di ritrovo, un simbolo per gli abitanti del villaggio (loro se la stanno costruendo con l’aiuto dell’associazione), un po’ come una chiesa, anche se serba in sè una sacralità diversa eppure sentita allo stesso modo: la scuola è dove un bambino inizia il suo percorso di crescita e cosa c’è per una civiltà di più sacro che i bambini?
Credo e spero fermamente che la scuola materna di M’Bonuà diventi, negli anni, come la chiesa di Sant’Anna: un simbolo, un posto in cui gli abitanti del villaggio si possano riconoscere, che dica ai passanti, negli anni a venire: "Guarda, qui ci abita gente che sa lavorare bene, che va daccordo, a cui merita dare fiducia".

martedì 2 ottobre 2007

Ottima è l'acqua



Nell’Africa Occidentale la popolazione è triplicata negli ultimi 50 anni. Solo 130 milioni di abitanti su 245 ha accesso all’acqua potabile. L’economia dell’Africa Occidentale si regge per gran parte sull’agricoltura. Già solo questi tre dati possono dare la misura della situazione delicatissima di questo continente. L’acqua buona, pulita, adatta da bere e per irrigare la campagna è, purtroppo, in lenta diminuzione. Il lago Ciad, ad esempio, è ridotto (a partire dal 1960) del 94%.
Quando una sostanza diminuisce ed è indispensabile per alcuni prefigura un problema. Per altri è un nuovo mercato. Alla fine degli anni ’90, dopo una conferenza degli stati africani sul tema dell’acqua, è nata la Public Private Infrastructure Advisory Facility (PPIAF), per volere dei governi giapponese ed inglese. Questa società ha aumentato il peso degli interessi privati nelle risorse idriche. Lo scopo sarebbe stato quello di ottimizzare le risorse, costruire infrastrutture (acquedotti, dighe, reti di distribuzione), secondo molte ONG operanti in questi paesi avrebbe avuto un effetto negativo, attribuendo un valore di mercato ad un bene che fino ad allora era un semplice diritto.
Altre nazioni hanno inaugurato piani di cooperazione con alcuni paesi africani: La Germania con il Benin (ben 22 miliardi di franchi CFA, circa 33 milioni di euro); Niger-UNICEF con il progetto 1-10 (ogni litro d’acqua venduto in Francia contribuisce a distribuirne 10 in Niger); Mali-Svizzera, per la raccolta in cisterne dell’acqua piovana.
In Costa d’Avorio il controllo dell’acqua ha contribuito ad aggravare lo scontro da poco finito (forse) tra ribelli e forze filo-governative: entrambe si contenderebbero i favori della compagnia nazionale di distribuzione dell’acqua (francese).
L’acqua rimane uno dei punti centrali su cui fondare la salvezza dell’Africa. Se verrà trattata solo come una risorsa economica i danni saranno incalcolabili.

lunedì 1 ottobre 2007

import export


Immagine tratta da: greenpeace.org


Non è vero che noi bianchi portiamo via risorse dall’Africa senza lasciare niente. Anche noi, ogni tanto, portiamo qualcosa, una merce importantissima, il cui traffico vale un sacco di soldi.
Il 19 agosto 2006 una nave attracca al porto di Abidjan (capitale economica della Costa d’Avorio). Richiede e ottiene l’autorizzazione per scaricare 581 tonnellate di rifiuti da lavorazione di idrocarburi. Questa nave batte bandiera panamense, ha un equipaggio russo, è di proprietà di una società norvegese ed è stata noleggiata da una società fondata in Olanda, ma con sede in Svizzera e in altri 36 paesi. Per 30 ore 19 camion scaricano dalla nave e trasportano in discarica, nella città di Abidjan. Terminato lo scarico la nave salpa le ancore e se ne va. Da quel momento le persone cominciano a presentarsi presso gli ospedali cittadini. Pare che ci siano stati 19 morti (tre bambini), 69 ricoveri e 102.806 intossicati.
Accertamenti sono in corso. L’armatore respinge le accuse e dice di essere stato autorizzato e di aver scaricato una mistura di acqua, soda e benzina.
La società di navigazione è stata condannata a pagare 198 milioni di dollari a parziale risarcimento.
Il 27 settembre 2006 la stessa nave è stata intercettata da Greenpeace in Estonia. Le indagini muovono per capire se risponde al vero che esistano navi funzionanti come raffinerie improvvisate, che scaricano a mare gli scarti di raffinazione e rivendono la benzina di scarsa qualità a paesi in via di sviluppo.

http://www.int.iol.co.za/index.php?set_id=1&click_id=86&art_id=qw117141012096B216
http://www.altreconomia.it/index.php?module=subjects&func=printpage&pageid=411&scope=all
http://www.namir.it/VANGOGH/tossico.htm