Ho avuto l’occasione di vedere un registro scolastico del comune di Dego del 1922. Ci sono i nomi dei bambini, dei genitori, l’occupazione dei genitori (tutti contadini). Poi c’è una parte dedicata al diario dell’insegnante, dove si potevano scrivere le impressioni personali della maestra, le difficoltà, le soddisfazioni. Il diario ci racconta ancora oggi della preoccupazione di quella giovane maestrina mandata ad insegnare fra i boschi, lontano dalla sua città, tra brava gente, ma un po’ rustica. La maestrina lamenta l’isolamento, il clima impietoso, le scomodità. Descrive brevemente quella povera società contadina, dice che ad ottobre nessuno si presenta a scuola perché ci sono le castagne da raccogliere, e queste hanno la precedenza su tutto. Ci sono bambini gravemente ammalati che non si sa come curare, ci sono bambini orfani che non hanno nulla e vivono grazie ai buoni vicini di casa, proprio a causa di queste condizioni difficili è per lei grande la soddisfazione di portare novità buone fra quella gente, e gli abitanti di quei boschi sono contenti tanto da farle visita, portarle fiori, farle coraggio durante il lungo inverno.
A me sembra che, più o meno, oggi in Costa d’Avorio non sia poi così diverso (fatto salvo il clima). Quello che facciamo oggi laggiù è un po’ come se lo facessimo ai nostri nonni qui. Sono cambiati i metodi (didattici) e i motivi (politici) che hanno portato a costruire una scuola, ma è sempre l’edificio scolastico da cui parte la rinascita, l’emancipazione, la vita.
A me sembra che, più o meno, oggi in Costa d’Avorio non sia poi così diverso (fatto salvo il clima). Quello che facciamo oggi laggiù è un po’ come se lo facessimo ai nostri nonni qui. Sono cambiati i metodi (didattici) e i motivi (politici) che hanno portato a costruire una scuola, ma è sempre l’edificio scolastico da cui parte la rinascita, l’emancipazione, la vita.
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