Un amico ci scrive: “Bene per tutto il lavoro che l’associazione fa in Africa, ma anche qui in Italia ci sarebbe molto da fare. Perché non fate niente qui? Non ci sono forse anche qui dei bambini che hanno bisogno di aiuto, di un sostegno per andare a scuola? Non ci sono bambini malati anche in Italia?”.
La risposta non è facile, non perché sia imbarazzante spiegare i motivi che ci hanno portato in Africa, ma perché sono complessi. Cominciamo col dire che in Italia ci sono delle istituzioni pubbliche (tribunale dei minori, assistenti sociali, asili e ospedali) che hanno il dovere, in forza di legge, di occuparsi dei bambini. Che poi ci siano anche delle critiche a talune istituzioni è possibile, ma non si tratta mai di una assenza integrale di fondi e mezzi per operare in favore dell’infanzia. In secondo luogo in Africa, nei villaggi in cui l’associazione lavora, c’è un tessuto sociale molto forte ma pochissime risorse. Questo vuol dire in pratica che nessun bambino viene lasciato completamente solo e abbandonato dal villaggio, ma c’è poco di tutto, per cui è possibile aiutare questi bambini affiancandosi al villaggio (quella che si chiama “cheferie”) discutendo caso per caso ogni bambino e nel suo complesso e nel suo contesto un intervento, un progetto che può innescare una spirale positiva, quello che si chiama “circolo virtuoso”. Non un semplice aiuto ma una collaborazione nel tempo con il villaggio. Lasciamo da parte la mentalità coloniale che tanti danni ha fatto in Africa. Questo tipo di intervento non sarebbe possibile in Italia, proprio perché ci sono (come detto) istituzioni a cui la legge conferisce l’onere e l’onore di occuparsi dei bambini.
Infine, noi siamo convinti che la condizione dell’Africa dipenda dalle scelte politiche del “primo mondo”, il mondo “civilizzato”. Intendiamoci: noi non ci sentiamo responsabili, e neppure vogliamo entrare nella polemica politica, questo lo lasciamo ad altri più attenti, bravi, esperti. A noi “basta” sapere che possiamo fare una piccola cosa in un piccolo villaggio e possiamo seguirlo, controllarlo, collaborare con loro a migliorare l’esistenza dei loro figli. Possiamo raccogliere le risorse di chi vuole collaborare e trasferirle INTEGRALMENTE in quel villaggio africano. Ecco tutto.
Ancora una cosa: di parole se ne fanno sempre troppe, rispetto a quello di cui c’è bisogno. Sarebbe ora che chi propone aiuto all’infanzia in Italia FACESSE qualcosa, una cosa qualsiasi, in favore dell’infanzia, senza parlare troppo, magari…
La risposta non è facile, non perché sia imbarazzante spiegare i motivi che ci hanno portato in Africa, ma perché sono complessi. Cominciamo col dire che in Italia ci sono delle istituzioni pubbliche (tribunale dei minori, assistenti sociali, asili e ospedali) che hanno il dovere, in forza di legge, di occuparsi dei bambini. Che poi ci siano anche delle critiche a talune istituzioni è possibile, ma non si tratta mai di una assenza integrale di fondi e mezzi per operare in favore dell’infanzia. In secondo luogo in Africa, nei villaggi in cui l’associazione lavora, c’è un tessuto sociale molto forte ma pochissime risorse. Questo vuol dire in pratica che nessun bambino viene lasciato completamente solo e abbandonato dal villaggio, ma c’è poco di tutto, per cui è possibile aiutare questi bambini affiancandosi al villaggio (quella che si chiama “cheferie”) discutendo caso per caso ogni bambino e nel suo complesso e nel suo contesto un intervento, un progetto che può innescare una spirale positiva, quello che si chiama “circolo virtuoso”. Non un semplice aiuto ma una collaborazione nel tempo con il villaggio. Lasciamo da parte la mentalità coloniale che tanti danni ha fatto in Africa. Questo tipo di intervento non sarebbe possibile in Italia, proprio perché ci sono (come detto) istituzioni a cui la legge conferisce l’onere e l’onore di occuparsi dei bambini.
Infine, noi siamo convinti che la condizione dell’Africa dipenda dalle scelte politiche del “primo mondo”, il mondo “civilizzato”. Intendiamoci: noi non ci sentiamo responsabili, e neppure vogliamo entrare nella polemica politica, questo lo lasciamo ad altri più attenti, bravi, esperti. A noi “basta” sapere che possiamo fare una piccola cosa in un piccolo villaggio e possiamo seguirlo, controllarlo, collaborare con loro a migliorare l’esistenza dei loro figli. Possiamo raccogliere le risorse di chi vuole collaborare e trasferirle INTEGRALMENTE in quel villaggio africano. Ecco tutto.
Ancora una cosa: di parole se ne fanno sempre troppe, rispetto a quello di cui c’è bisogno. Sarebbe ora che chi propone aiuto all’infanzia in Italia FACESSE qualcosa, una cosa qualsiasi, in favore dell’infanzia, senza parlare troppo, magari…
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