giovedì 29 novembre 2007
Elezioni!
Yamoussoukro (Agenzia Fides)- “La Costa d’Avorio è un Paese che continua a vivere tra speranza e scetticismo, ma sono convinto che ormai prevalga la prima sul secondo” dice all’Agenzia Fides un missionario da Bouaké, nel nord della Costa d’Avorio. “Lo scetticismo deriva dal fatto che mentre il Presidente Laurent Gbagbo e il Primo Ministro Guillaume continuano a portare avanti il processo di normalizzazione del Paese, l’opposizione rappresentata da politici come Alassane Ouattara, che si sente esclusa da questo processo, cerca di fare ostruzionismo” spiega il missionario, che non desidera essere citato per nome per motivi di sicurezza.“Si sente ancora dire che il Paese crollerà entro due giorni, ma alla fine prevale il desiderio di pace della gente, che è stanca di 5 anni di divisione in due della nazione. A Bouaké, che è il feudo dei ribelli, anche i piccoli capi militari parlano ormai della pace come unica prospettiva per il Paese. Abbiamo intrapresa questa strada e dobbiamo andare avanti, affermano. Per questo sono cautamente ottimista”.Due giorni fa il Presidente Laurent Gbagbo e il Primo Ministro Guillaume Soro hanno sottoscritto un accordo per tenere le elezioni presidenziali e legislative entro la fine di giugno. L’accordo è stato firmato a Ouagadougou, capitale del Burkina Faso, il cui Presidente, Blaise Compaoré, è mediatore nella complessa crisi ivoriana. Ieri, 28 novembre, il Presidente Gbagbo si è recato a Korhogo, un’altra città del nord controllata dai ribelli, dove è stato ben accolto dalla popolazione. “Nel suo discorso a Korhogo, trasmesso dalla televisione nazionale, il Capo dello Stato ha sottolineato che i progressi fatti negli ultimi mesi possono apparire modesti a qualche osservatore, ma sono molti più importanti di quanto fatto nei precedenti 5 anni” dice il missionario. “Sono convinto che ha ragione, la crisi ivoriana non si risolve in un batter d’occhio, occorre pazienza. Dall’altro canto i progressi sono visibili: nelle strade vi sono pattuglie miste formate da militari regolari ed ex ribelli delle Forze Nuove e la gente sta tornando nelle proprie case al nord, abbandonate durante la ribellione del 2002” conclude il missionario. (L.M.) (Agenzia Fides 29/11/2007 righe 26 parole 350)
mercoledì 28 novembre 2007
Domande...
Un amico mi chiede come può fare per adottare un bambino a distanza: dice di essere anziano: “E se poi muoio, come fate? Lo rimandate in mezzo alla strada? Non è giusto, allora meglio neppure adottarlo!”
E invece no. No a tutte e due le domande: no a rimandarlo in mezzo alla strada: se proprio il “tutore” ovvero quello che ha versato fino a quel momento per quel bambino, non ce la fa a pagare per qualsiasi motivo non ci sono problemi: l’associazione si fa momentaneamente carico del bambino che viene rimesso a disposizione di chi vuole effettuare una adozione internazionale a distanza.
E no anche alla seconda domanda: abbiamo detto che il bambino non è lasciato a sé stesso, ma anche se fosse, noi pensiamo che è meglio un anno a scuola, vestito, curato, sfamato, educato da maestre locali, piuttosto che un anno da solo o solo in una famiglia troppo povera o troppo impegnata a lavorare per insegnargli qualcosa.
E poi, ogni tanto, bisognerebbe avere un po’ di fede, un po’ di fiducia, un po’ di speranza, nella vita. Non solo e sempre pensare alla propria morte, alla propria malattia, alla propria inadeguatezza di fronte a un bambino. C’è chi la chiama Divina Provvidenza, chi Vecchietto con la Barba Bianca, chi anche “caso”, ma bisogna imparare a fidarsi di quello che succede: non sempre le cose vanno bene, è vero, ma spesso vanno benissimo! E allora, su, azione! Speranza! Fede e Carità!
E invece no. No a tutte e due le domande: no a rimandarlo in mezzo alla strada: se proprio il “tutore” ovvero quello che ha versato fino a quel momento per quel bambino, non ce la fa a pagare per qualsiasi motivo non ci sono problemi: l’associazione si fa momentaneamente carico del bambino che viene rimesso a disposizione di chi vuole effettuare una adozione internazionale a distanza.
E no anche alla seconda domanda: abbiamo detto che il bambino non è lasciato a sé stesso, ma anche se fosse, noi pensiamo che è meglio un anno a scuola, vestito, curato, sfamato, educato da maestre locali, piuttosto che un anno da solo o solo in una famiglia troppo povera o troppo impegnata a lavorare per insegnargli qualcosa.
E poi, ogni tanto, bisognerebbe avere un po’ di fede, un po’ di fiducia, un po’ di speranza, nella vita. Non solo e sempre pensare alla propria morte, alla propria malattia, alla propria inadeguatezza di fronte a un bambino. C’è chi la chiama Divina Provvidenza, chi Vecchietto con la Barba Bianca, chi anche “caso”, ma bisogna imparare a fidarsi di quello che succede: non sempre le cose vanno bene, è vero, ma spesso vanno benissimo! E allora, su, azione! Speranza! Fede e Carità!
martedì 27 novembre 2007
Piemonte e Costa d'Avorio
Confindustria Cuneo in collaborazione con la Camera di Commercio ospiterà per tutta la settimana fino al 30 novembre, Guede Behinan, Direttore Generale dell'ANDER (Agence Nationale d'Appui au Developpment rural) della Costa d'Avorio, per instaurare dei rapporti di collaborazione con le imprese del cuneese. Le possibilità di collaborazione riguarderanno le seguenti tipologie di attività: acquisto di materiale per capannoni industriali con particolare attenzione a prodotti per pavimentazioni, costruzione di infrastrutture e creazione di villaggi o altre strutture residenziali per il turismo, realizzazione centrali a biomasse e commercializzazione/vendita di olio di palma, caffè e cacao.
Il programma della settimana dal 26 al 30 novembre è stato articolato in modo da fornire al Direttore Guede Behinan uno spaccato dell’ esperienza quotidiana delle imprese cuneesi, dal rapporto con il fornitore, allo sviluppo del business ed un panorama sul tessuto economico della Provincia, anche grazie ad incontri con i principali protagonisti del mondo economico provinciale, inclusa la Camera di Commercio di Cuneo. La Costa d’Avorio è avviata verso il processo di pace dopo aver vissuto per quattro anni una crisi politico-militare. Questo paese ha un peso centrale per l’economia dell’Africa Occidentale, con un PIL che rappresenta, da solo, quasi il 40% del totale degli 8 Stati membri della UEMOA (Unione Economica e Monetaria dell’Affrica Occidentale).Il paese dispone di notevoli risorse naturali (in particolare caffè-cacao e, più recentemente, petrolio) e di un sistema economico e produttivo che continua a funzionare e che presenta interessanti possibilità di sviluppo.
Il programma della settimana dal 26 al 30 novembre è stato articolato in modo da fornire al Direttore Guede Behinan uno spaccato dell’ esperienza quotidiana delle imprese cuneesi, dal rapporto con il fornitore, allo sviluppo del business ed un panorama sul tessuto economico della Provincia, anche grazie ad incontri con i principali protagonisti del mondo economico provinciale, inclusa la Camera di Commercio di Cuneo. La Costa d’Avorio è avviata verso il processo di pace dopo aver vissuto per quattro anni una crisi politico-militare. Questo paese ha un peso centrale per l’economia dell’Africa Occidentale, con un PIL che rappresenta, da solo, quasi il 40% del totale degli 8 Stati membri della UEMOA (Unione Economica e Monetaria dell’Affrica Occidentale).Il paese dispone di notevoli risorse naturali (in particolare caffè-cacao e, più recentemente, petrolio) e di un sistema economico e produttivo che continua a funzionare e che presenta interessanti possibilità di sviluppo.
venerdì 23 novembre 2007
Non siamo mica soli...
Sesto Calende
Si chiama “Arc en ciel”, arcobaleno, in italiano, ed è l’associazione da poco costituitasi a Sesto Calende con l’obiettivo di sostenere progetti educativi a supporto di infanzia ed adolescenza, promovendo nel contempo scambi culturali, diritti umani e sociali. “In particolare – ha spiegato Patrizia Ferronato presidente della neonata associazione – Arc en ciel è impegnata nel sostegno di un progetto di recupero di ragazzi soldato nel villaggio di Bloequin in Costa d’Avorio”. L’idea, la cui concretizzazione è già iniziata, è quella di promuovere, attraverso gli operatori di una scuola realizzata a Bloequin da una coppia italiana, un percorso di reinserimento scolastico per i bambini e i ragazzi più giovani, attivando, invece, per gli adolescenti dei laboratori di falegnameria e di coiffer. L’associazione, dicevamo, ha sede a Sesto Calende e per chi fosse interessato a condividere gli obiettivi che l’associazione si prefigge o a conoscere l’esperienza è possibile telefonare al 333 3976938
martedì 20 novembre 2007
amici d'Africa
Un’altra bella foto: viene da M’bonuà anche questa. La fanciulla è niente popò di meno che la direttrice della nostra bellissima scuola, si chiama Caroline. Lui è Thomas, il nostro amico factotum.
Ma ci pensate? Solo qualche mese fa non c’era niente e ora i locali sono pronti ad ospitare i bambini.
La campagna di adozione internazionale a distanza prosegue: adottare un bambino adesso vuol dire fargli incominciare l’anno scolastico adesso!
Andare alla scuola materna vuol dire apprendere i rudimenti dello scrivere, del disegnare. Vuol dire imparare a stare assieme, a dare ascolto alla maestra. Vuol dire vestire lo stesso grembiulino, vuol dire avere una piccola garanzia sanitaria, vuol dire mangiare tutti i giorni!
Ce la fai a mettere da parte 10 euro al mese?
10 euro al mese, ho detto. Vuol dire 33 centesimi al giorno. Ce la fai? Possibile?E sappi che di quei 10 al mese in Costa d’Avorio ne arrivano… 10. Cioè tutti. Lo sapevi? Tutti i soldi che ci versi a favore del progetto adozione internazionale a distanza, TUTTI, vanno a quel bimbo, a quella bimba che hai scelto.
Allora? Decidi, su…
Ma ci pensate? Solo qualche mese fa non c’era niente e ora i locali sono pronti ad ospitare i bambini.
La campagna di adozione internazionale a distanza prosegue: adottare un bambino adesso vuol dire fargli incominciare l’anno scolastico adesso!
Andare alla scuola materna vuol dire apprendere i rudimenti dello scrivere, del disegnare. Vuol dire imparare a stare assieme, a dare ascolto alla maestra. Vuol dire vestire lo stesso grembiulino, vuol dire avere una piccola garanzia sanitaria, vuol dire mangiare tutti i giorni!
Ce la fai a mettere da parte 10 euro al mese?
10 euro al mese, ho detto. Vuol dire 33 centesimi al giorno. Ce la fai? Possibile?E sappi che di quei 10 al mese in Costa d’Avorio ne arrivano… 10. Cioè tutti. Lo sapevi? Tutti i soldi che ci versi a favore del progetto adozione internazionale a distanza, TUTTI, vanno a quel bimbo, a quella bimba che hai scelto.
Allora? Decidi, su…
lunedì 19 novembre 2007
Albanesi
Uno dei nostri volontari ha un esercizio commerciale. Nel suo negozio passa un po’ di tutto: giovani e vecchi, uomini e donne, italiani e stranieri. Siccome passa tanta gente ha pensato di fare un po’ di “mercato” con gli oggetti africani: statuette, gattini, maschere, ciondoli, civette… L’incasso viene versato totalmente all’associazione. E poi ha messo pure un pieghevole che spiega le attività dell’associazione. Il “mercatino” va bene, ogni tanto vende qualcosa, la gente chiede, si interessa, è un piccolo passo importante.
“Un giorno” mi ha raccontato “è passato un operaio albanese. È un padre di famiglia, un lavoratore. Mi ha chiesto come si chiama quella bambina fotografata in primo piano sul pieghevole dell’associazione. Gli ho detto il nome, lui ha rovistato un attimo nelle tasche e ne ha cavato una moneta. Ha detto sorridendo che quella moneta voleva darla per quella bambina lì, quella sul pieghevole”. Chi mi ha raccontato questa storia sa che quell’uomo non naviga nell’oro, ha bisogno di ogni soldo che riesce a guadagnare per sistemare la propria moglie, la propria figlia e anche i parenti rimasti in Albania.
Intanto è importante riportare la notizia: non siamo/sono tutti uguali. Albanesi, turchi, italiani o cinesi: ce ne sono di buoni e meno buoni, lavoratori, pelandroni, filosofi, stupidi, furbi, belli e brutti.
E poi conta di più quella moneta che una donazione milionaria di chi se lo può permettere senza problema…
“Un giorno” mi ha raccontato “è passato un operaio albanese. È un padre di famiglia, un lavoratore. Mi ha chiesto come si chiama quella bambina fotografata in primo piano sul pieghevole dell’associazione. Gli ho detto il nome, lui ha rovistato un attimo nelle tasche e ne ha cavato una moneta. Ha detto sorridendo che quella moneta voleva darla per quella bambina lì, quella sul pieghevole”. Chi mi ha raccontato questa storia sa che quell’uomo non naviga nell’oro, ha bisogno di ogni soldo che riesce a guadagnare per sistemare la propria moglie, la propria figlia e anche i parenti rimasti in Albania.
Intanto è importante riportare la notizia: non siamo/sono tutti uguali. Albanesi, turchi, italiani o cinesi: ce ne sono di buoni e meno buoni, lavoratori, pelandroni, filosofi, stupidi, furbi, belli e brutti.
E poi conta di più quella moneta che una donazione milionaria di chi se lo può permettere senza problema…
domenica 18 novembre 2007
Paura a far del bene
Ho parlato con una persona anziana. Le ho spiegato le attività dell’associazione e lei mi ha dato un’offerta, un po’ di soldi. Conosco questa signora e so che quei soldi per lei valgono molto, vive della pensione, come molte altre persone.
Siccome l’offerta copriva la metà (circa) di una adozione internazionale le ho proposto di fare una adozione, di dedicare una cifra ad una persona in particolare, ad un bambino, una faccia, un nome, una fotografia. Mi ha detto di no, mi ha detto che quando potrà continuerà a fare qualche offerta, ma non vuole adottare nessuno. Perché? Le ho chiesto. Perché sono troppo vecchia, perché non so se è il caso… Scuse vaghe, poco comprensibili. Non è una questione di soldi: sono proprio pochi quelli che non riescono a mettere da parte 10 euro al mese. È il legame che mette in imbarazzo queste persone: prendere un impegno del genere gli sembra gravoso, vincolante, totalizzante. Anche a livello sentimentale, avvertono un trasporto particolare verso qualunque foto di un bambino, avere un legame di qualunque tipo, con quel bambino, li farebbe addirittura soffrire.
Però… però anziché pensare ai sentimenti, ai vincoli, all’imbarazzo che provano queste persone, se pensassero a quello che si può fare per aiutare un bambino sarebbe molto meglio…
E poi che paura vuoi mai avere? Paura a fare del bene?
Siccome l’offerta copriva la metà (circa) di una adozione internazionale le ho proposto di fare una adozione, di dedicare una cifra ad una persona in particolare, ad un bambino, una faccia, un nome, una fotografia. Mi ha detto di no, mi ha detto che quando potrà continuerà a fare qualche offerta, ma non vuole adottare nessuno. Perché? Le ho chiesto. Perché sono troppo vecchia, perché non so se è il caso… Scuse vaghe, poco comprensibili. Non è una questione di soldi: sono proprio pochi quelli che non riescono a mettere da parte 10 euro al mese. È il legame che mette in imbarazzo queste persone: prendere un impegno del genere gli sembra gravoso, vincolante, totalizzante. Anche a livello sentimentale, avvertono un trasporto particolare verso qualunque foto di un bambino, avere un legame di qualunque tipo, con quel bambino, li farebbe addirittura soffrire.
Però… però anziché pensare ai sentimenti, ai vincoli, all’imbarazzo che provano queste persone, se pensassero a quello che si può fare per aiutare un bambino sarebbe molto meglio…
E poi che paura vuoi mai avere? Paura a fare del bene?
venerdì 16 novembre 2007
"C'era una volta" su Rai Tre mercoledì sera
Al mercoledì notte, verso le 23,30 su Rai Tre, c’è un programma che si chiama: “C’era una volta”. È da poco ricominciata la nuova serie. Nella puntata andata in onda l’altro ieri si sono viste alcune interviste a bambini che vivono in una discarica in Mozambico, alla periferia di una grande città.
Rovistano nei rifiuti, mangiano quel che trovano, non hanno genitori: sono fuggiti dai villaggi dell’interno. A volte i genitori sono morti, altre volte sono i bambini che sono scappati, perché hanno fatto il soldato, hanno ucciso, e adesso è meglio se non si fanno vedere al loro villaggio.
Uno di loro era molto contento di come stava andando la giornata: avevano trovato tante uova e le stavano facendo cuocere un una latta, avevano trovato molto ferro e l’avrebbero venduto. L’intervistatore dice loro che quelle uova puzzano. Non gli faranno male? Uno dei bambini spiega calmo che tutto fa male in discarica, tutto fa venire mal di pancia, ogni tanto qualcuno muore. Ma non ci sono alternative: o mangiare questo o morire di fame. Cosa scegli?
Gli unici che riescono a lavorare, a fare qualcosa in certi posti sono i padri Comboniani.
Rovistano nei rifiuti, mangiano quel che trovano, non hanno genitori: sono fuggiti dai villaggi dell’interno. A volte i genitori sono morti, altre volte sono i bambini che sono scappati, perché hanno fatto il soldato, hanno ucciso, e adesso è meglio se non si fanno vedere al loro villaggio.
Uno di loro era molto contento di come stava andando la giornata: avevano trovato tante uova e le stavano facendo cuocere un una latta, avevano trovato molto ferro e l’avrebbero venduto. L’intervistatore dice loro che quelle uova puzzano. Non gli faranno male? Uno dei bambini spiega calmo che tutto fa male in discarica, tutto fa venire mal di pancia, ogni tanto qualcuno muore. Ma non ci sono alternative: o mangiare questo o morire di fame. Cosa scegli?
Gli unici che riescono a lavorare, a fare qualcosa in certi posti sono i padri Comboniani.
martedì 13 novembre 2007
Altra lettera...
Un altro amico ci scrive, tra l’altro: “Mi volete far credere che voi vi radunate, organizzate feste, fate mercatini, raccogliete offerte, addirittura viaggiate fino in Africa a vostre spese senza niente in cambio? Io non posso crederlo, in tutta sincerità!”
Caro amico, in tutta sincerità non ti sbagli. Tutto quello che ogni singolo volontario fa, in base alla sua disponibiltà di tempo o di risorse, è fatto anche per il tornaconto del volontario stesso.
Ah! Dimenticavo: il tornaconto non è da intendersi economico. Come chiameresti tu l’occasione di conoscere l’Africa guardandola diritto negli occhi? E come chiami la sensazione che provi vedendo una scuola piena di bambini giocosi e felici e sapere che hai collaborato, nel tuo piccolo, anche tu? E come chiami la sensazione che provi ogni volta che ci si incontra, una volta al mese? Ci si ritrova lasciando da parte ognuno le proprie grane, sorridendosi, chiedendosi a vicenda “come va?”, bevendo addirittura un bicchiere di vino insieme, pensando a un nuovo progetto, allo stato di avanzamento di un progetto in corso.
Acquistare la consapevolezza di aver fatto qualcosa di buono nella vita è una soddisfazione che nessuna paga può dare.
Caro amico, in tutta sincerità non ti sbagli. Tutto quello che ogni singolo volontario fa, in base alla sua disponibiltà di tempo o di risorse, è fatto anche per il tornaconto del volontario stesso.
Ah! Dimenticavo: il tornaconto non è da intendersi economico. Come chiameresti tu l’occasione di conoscere l’Africa guardandola diritto negli occhi? E come chiami la sensazione che provi vedendo una scuola piena di bambini giocosi e felici e sapere che hai collaborato, nel tuo piccolo, anche tu? E come chiami la sensazione che provi ogni volta che ci si incontra, una volta al mese? Ci si ritrova lasciando da parte ognuno le proprie grane, sorridendosi, chiedendosi a vicenda “come va?”, bevendo addirittura un bicchiere di vino insieme, pensando a un nuovo progetto, allo stato di avanzamento di un progetto in corso.
Acquistare la consapevolezza di aver fatto qualcosa di buono nella vita è una soddisfazione che nessuna paga può dare.
lunedì 12 novembre 2007
Buone notizie per gli ivoriani (e per chi va in Cd'A...)
Riportiamo integralmente la notizia comparsa su:
AFRICA/COSTA D’AVORIO - “L’abolizione della carta di soggiorno per gli immigrati dell’Africa dell’ovest è un buon passo avanti per la riconciliazione nazionale” afferma un missionario
Bouaké (Agenzia Fides)- “È un buon passo in avanti sulla via della pacificazione nazionale” dice all’Agenzia Fides un missionario da Bouaké, nel nord della Costa d’Avorio, dove ieri, 8 novembre, il governo ha annunciato l’abolizione della carta di soggiorno per gli immigrati provenienti dai Paesi della Comunità Economica dell’Africa Occidentale (CEDEAO). In Costa d’Avorio gli immigrati dai Paesi vicini, soprattutto dal Burkina Faso, sono circa 4 milioni (il 26% della popolazione). Una delle rivendicazioni della ribellione che ha recentemente spaccato in due la Costa d’Avorio, è quella dell’integrazione della folta comunità straniera e l’abolizione della discriminazione politica nei confronti delle persone che non hanno entrambi i genitori di origine ivoriana. Dopo gli accordi di pace di Ouagadougou (vedi Fides 5/3/2007) che hanno messo fine alla divisione del Paese e creato un governo di unione nazionale, guidato da Guillaume Soro, leader delle “Forze Nuove” (la guerriglia che controlla nord-ovest del Paese), il Presidente Laurent Gbagbo ha fatto un nuovo gesto di riconciliazione.“La televisione nazionale ha dato ampio risalto alla notizia così come all’intenzione del governo di abolire dai documenti personali ogni riferimento all’etnia di appartenenza. Vogliamo presentarci come ivoriani e non come membri di questa o quella etnia, hanno affermato i responsabili politici ivoriani” riferisce il missionario, del quale omettiamo il nome per motivi di sicurezza. La Costa d’Avorio infatti attraversa una fase sicuramente positiva ma ancora delicata. “Il Paese è entrato in un’era di post-conflitto, nella quale esistono ancora tensioni e divisioni” dice il missionario. “Ieri, 8 novembre, si è svolta una dimostrazione a Bouaké, che la polizia ha cercato di disperdere senza riuscirci. I dimostranti protestavano per l’aumento del costo della vita, per la richiesta delle compagnie elettrica e dell’acqua di pagare gli arretrati e per la mancanza di lavoro. Secondo fonti autorevoli, la protesta non è stata spontanea ma è stata organizzata dagli oppositori al Premier Soro, all’interno delle Forze Nuove”.“Questo non dove stupire- spiega il missionario- Soro è in teoria il massimo dirigente delle Forze Nuove, ma bisogna ricordare che questa sigla è nata dall’unione di diversi gruppi e gruppuscoli che si sono formati nel nord e nell’ovest del Paese, all’indomani del fallito golpe del settembre 2002, che ha spaccato la Costa d’Avorio in due parti. Le Forze Nuove avevano bisogno di una persona che li rappresentasse all’esterno, una specie di portavoce. Soro si è fatto avanti anche grazie alla sua preparazione, che è migliore di quella degli altri capi del movimento. Ma diversi esperti dubitano che sia in grado di controllare tutte le componenti delle Forze Nuove”. A fine giugno Soro era sfuggito ad un attentato all’aeroporto di Bouaké, il feudo delle Forze Nuove, quasi sicuramente effettuato da dissidenti del suo movimento (vedi Fides 5/7/2007)“Nonostante questo dobbiamo continuare a sperare per il meglio” continua il missionario. “Il Presidente e il Primo Ministro sembrano intenzionati a volere riportare la pace. Vi sono segnali concreti: gruppi misti di militari governativi e delle Forze Nuove sono dispiegati in tutto il Paese, non solo al nord, anche al sud, per proteggere le sessioni dei tribunali. Un passo ulteriore verso la costruzione della fiducia reciproca” conclude il missionario. (L.M.) (Agenzia Fides 9/11/2007 righe 37 parole 520)
domenica 11 novembre 2007
Un amico ci scrive: “Bene per tutto il lavoro che l’associazione fa in Africa, ma anche qui in Italia ci sarebbe molto da fare. Perché non fate niente qui? Non ci sono forse anche qui dei bambini che hanno bisogno di aiuto, di un sostegno per andare a scuola? Non ci sono bambini malati anche in Italia?”.
La risposta non è facile, non perché sia imbarazzante spiegare i motivi che ci hanno portato in Africa, ma perché sono complessi. Cominciamo col dire che in Italia ci sono delle istituzioni pubbliche (tribunale dei minori, assistenti sociali, asili e ospedali) che hanno il dovere, in forza di legge, di occuparsi dei bambini. Che poi ci siano anche delle critiche a talune istituzioni è possibile, ma non si tratta mai di una assenza integrale di fondi e mezzi per operare in favore dell’infanzia. In secondo luogo in Africa, nei villaggi in cui l’associazione lavora, c’è un tessuto sociale molto forte ma pochissime risorse. Questo vuol dire in pratica che nessun bambino viene lasciato completamente solo e abbandonato dal villaggio, ma c’è poco di tutto, per cui è possibile aiutare questi bambini affiancandosi al villaggio (quella che si chiama “cheferie”) discutendo caso per caso ogni bambino e nel suo complesso e nel suo contesto un intervento, un progetto che può innescare una spirale positiva, quello che si chiama “circolo virtuoso”. Non un semplice aiuto ma una collaborazione nel tempo con il villaggio. Lasciamo da parte la mentalità coloniale che tanti danni ha fatto in Africa. Questo tipo di intervento non sarebbe possibile in Italia, proprio perché ci sono (come detto) istituzioni a cui la legge conferisce l’onere e l’onore di occuparsi dei bambini.
Infine, noi siamo convinti che la condizione dell’Africa dipenda dalle scelte politiche del “primo mondo”, il mondo “civilizzato”. Intendiamoci: noi non ci sentiamo responsabili, e neppure vogliamo entrare nella polemica politica, questo lo lasciamo ad altri più attenti, bravi, esperti. A noi “basta” sapere che possiamo fare una piccola cosa in un piccolo villaggio e possiamo seguirlo, controllarlo, collaborare con loro a migliorare l’esistenza dei loro figli. Possiamo raccogliere le risorse di chi vuole collaborare e trasferirle INTEGRALMENTE in quel villaggio africano. Ecco tutto.
Ancora una cosa: di parole se ne fanno sempre troppe, rispetto a quello di cui c’è bisogno. Sarebbe ora che chi propone aiuto all’infanzia in Italia FACESSE qualcosa, una cosa qualsiasi, in favore dell’infanzia, senza parlare troppo, magari…
La risposta non è facile, non perché sia imbarazzante spiegare i motivi che ci hanno portato in Africa, ma perché sono complessi. Cominciamo col dire che in Italia ci sono delle istituzioni pubbliche (tribunale dei minori, assistenti sociali, asili e ospedali) che hanno il dovere, in forza di legge, di occuparsi dei bambini. Che poi ci siano anche delle critiche a talune istituzioni è possibile, ma non si tratta mai di una assenza integrale di fondi e mezzi per operare in favore dell’infanzia. In secondo luogo in Africa, nei villaggi in cui l’associazione lavora, c’è un tessuto sociale molto forte ma pochissime risorse. Questo vuol dire in pratica che nessun bambino viene lasciato completamente solo e abbandonato dal villaggio, ma c’è poco di tutto, per cui è possibile aiutare questi bambini affiancandosi al villaggio (quella che si chiama “cheferie”) discutendo caso per caso ogni bambino e nel suo complesso e nel suo contesto un intervento, un progetto che può innescare una spirale positiva, quello che si chiama “circolo virtuoso”. Non un semplice aiuto ma una collaborazione nel tempo con il villaggio. Lasciamo da parte la mentalità coloniale che tanti danni ha fatto in Africa. Questo tipo di intervento non sarebbe possibile in Italia, proprio perché ci sono (come detto) istituzioni a cui la legge conferisce l’onere e l’onore di occuparsi dei bambini.
Infine, noi siamo convinti che la condizione dell’Africa dipenda dalle scelte politiche del “primo mondo”, il mondo “civilizzato”. Intendiamoci: noi non ci sentiamo responsabili, e neppure vogliamo entrare nella polemica politica, questo lo lasciamo ad altri più attenti, bravi, esperti. A noi “basta” sapere che possiamo fare una piccola cosa in un piccolo villaggio e possiamo seguirlo, controllarlo, collaborare con loro a migliorare l’esistenza dei loro figli. Possiamo raccogliere le risorse di chi vuole collaborare e trasferirle INTEGRALMENTE in quel villaggio africano. Ecco tutto.
Ancora una cosa: di parole se ne fanno sempre troppe, rispetto a quello di cui c’è bisogno. Sarebbe ora che chi propone aiuto all’infanzia in Italia FACESSE qualcosa, una cosa qualsiasi, in favore dell’infanzia, senza parlare troppo, magari…
sabato 10 novembre 2007
Tempo libero
Il mio vicino lava la macchina. La lava praticamente tutti i giorni, la lustra, la smonta, la rimonta. Se proprio non la lava pulisce il garage e gli attrezzi che servono per pulirla. La sua macchina è uno splendore, abbaglia per tanto che luccica. Una mia vicina invece sta alla finestra. Tiene il conto di chi arriva, di chi va, di quando esce tizio, di quando rientra caio. Un’altra mia conoscente porta a spasso il cane. Lo nutre con scatolette pregiate, gli cura il pelo, gli parla con calma, gli spiega le cose, talvolta lo sgrida.
In questi comportamenti non c’è niente di strano. Ognuno del suo tempo libero fa quello che vuole. Il problema è che si tratta sempre di pensionati, gente che ha superato la sessantina, ma stanno bene in salute, almeno apparentemente, e si dedicano alla loro passione in maniera integrale, totale: hanno dimenticato il resto del mondo, si occupano di quello e a loro basta. O forse no, ma è tardi per capire se gli basta davvero.
Bisognerebbe sempre darsi dei limiti, non permettere a nulla, nella propria vita, di dilagare fino a diventare patologico. Uno finisce per non capire più quello che gli succede davvero intorno e si espone alla solitudine, alla depressione, al vuoto esistenziale.
Fare volontariato può essere una strada per uscire da una certa condizione. Non è detto che ci si debba occupare di Costa d’Avorio, anche la Croce Bianca va bene, anche la Caritas, anche un comitato di quartiere che si occupa di ripulire un ruscello, per dire. Però bisogna fare qualcosa per gli altri CON gli altri. Perché non è naturale che l’uomo si isoli e sia soddisfatto della solitudine, perché bisogna combattere contro il deserto, l’aridità che avanza, per non diventare dei vecchi soli.
In questi comportamenti non c’è niente di strano. Ognuno del suo tempo libero fa quello che vuole. Il problema è che si tratta sempre di pensionati, gente che ha superato la sessantina, ma stanno bene in salute, almeno apparentemente, e si dedicano alla loro passione in maniera integrale, totale: hanno dimenticato il resto del mondo, si occupano di quello e a loro basta. O forse no, ma è tardi per capire se gli basta davvero.
Bisognerebbe sempre darsi dei limiti, non permettere a nulla, nella propria vita, di dilagare fino a diventare patologico. Uno finisce per non capire più quello che gli succede davvero intorno e si espone alla solitudine, alla depressione, al vuoto esistenziale.
Fare volontariato può essere una strada per uscire da una certa condizione. Non è detto che ci si debba occupare di Costa d’Avorio, anche la Croce Bianca va bene, anche la Caritas, anche un comitato di quartiere che si occupa di ripulire un ruscello, per dire. Però bisogna fare qualcosa per gli altri CON gli altri. Perché non è naturale che l’uomo si isoli e sia soddisfatto della solitudine, perché bisogna combattere contro il deserto, l’aridità che avanza, per non diventare dei vecchi soli.
venerdì 9 novembre 2007
brutte notizie
Sono notizie che vanno ancora confermate, ma sono brutte notizie. D’altra parte ci sono VIP che si sono recati in Africa a prendere un bambino, come si prende un casco di banane, una statuetta, una cartolina. Se l’hanno fatto loro (cantanti o atttici) possono farlo anche gli altri: basta pagare.
Lo scandalo sta nascendo ora: pare che una associazione non governativa operante in Centro Africa abbia “fornito” bambini a genitori in attesa di adozione, dietro pagamento di certe somme. Il grave è che questi bambini non erano orfani, non erano abbandonati, non erano neanche perseguitati politici o etnici. Magari erano in difficoltà, magari sono posti dove i bambini non possono essere completamente sani e felici, ma da qui a esportarli come fossero un prodotto commerciale ce ne passa…
Per ora un coordinamento tra Croce Rossa Internazionale e UNICEF e Commissariato ONU, ha permesso a 91 bambini di ritrovare i rispettivi genitori.
Sono notizie che non si vorrebbero leggere mai.
Per maggiori informazioni: http://www.legnostorto.com/index.php?option=com_content&task=view&id=19608&Itemid=28
Lo scandalo sta nascendo ora: pare che una associazione non governativa operante in Centro Africa abbia “fornito” bambini a genitori in attesa di adozione, dietro pagamento di certe somme. Il grave è che questi bambini non erano orfani, non erano abbandonati, non erano neanche perseguitati politici o etnici. Magari erano in difficoltà, magari sono posti dove i bambini non possono essere completamente sani e felici, ma da qui a esportarli come fossero un prodotto commerciale ce ne passa…
Per ora un coordinamento tra Croce Rossa Internazionale e UNICEF e Commissariato ONU, ha permesso a 91 bambini di ritrovare i rispettivi genitori.
Sono notizie che non si vorrebbero leggere mai.
Per maggiori informazioni: http://www.legnostorto.com/index.php?option=com_content&task=view&id=19608&Itemid=28
giovedì 8 novembre 2007
Vecchie scuole...
Ho avuto l’occasione di vedere un registro scolastico del comune di Dego del 1922. Ci sono i nomi dei bambini, dei genitori, l’occupazione dei genitori (tutti contadini). Poi c’è una parte dedicata al diario dell’insegnante, dove si potevano scrivere le impressioni personali della maestra, le difficoltà, le soddisfazioni. Il diario ci racconta ancora oggi della preoccupazione di quella giovane maestrina mandata ad insegnare fra i boschi, lontano dalla sua città, tra brava gente, ma un po’ rustica. La maestrina lamenta l’isolamento, il clima impietoso, le scomodità. Descrive brevemente quella povera società contadina, dice che ad ottobre nessuno si presenta a scuola perché ci sono le castagne da raccogliere, e queste hanno la precedenza su tutto. Ci sono bambini gravemente ammalati che non si sa come curare, ci sono bambini orfani che non hanno nulla e vivono grazie ai buoni vicini di casa, proprio a causa di queste condizioni difficili è per lei grande la soddisfazione di portare novità buone fra quella gente, e gli abitanti di quei boschi sono contenti tanto da farle visita, portarle fiori, farle coraggio durante il lungo inverno.
A me sembra che, più o meno, oggi in Costa d’Avorio non sia poi così diverso (fatto salvo il clima). Quello che facciamo oggi laggiù è un po’ come se lo facessimo ai nostri nonni qui. Sono cambiati i metodi (didattici) e i motivi (politici) che hanno portato a costruire una scuola, ma è sempre l’edificio scolastico da cui parte la rinascita, l’emancipazione, la vita.
A me sembra che, più o meno, oggi in Costa d’Avorio non sia poi così diverso (fatto salvo il clima). Quello che facciamo oggi laggiù è un po’ come se lo facessimo ai nostri nonni qui. Sono cambiati i metodi (didattici) e i motivi (politici) che hanno portato a costruire una scuola, ma è sempre l’edificio scolastico da cui parte la rinascita, l’emancipazione, la vita.
mercoledì 7 novembre 2007
senza titolo...
Ci sono dei momenti in cui uno ha paura.
Paura di fare male, di non fare abbastanza, di non farlo bene come andrebbe fatto. Paura che qualcuno pensi male di ciò che si è fatto, paura di urtare la sensibilità di qualcuno, paura di irritare i benpensanti, quelli dalla faccia pulita e onesta. A volte si ha paura persino di perdere tempo o di far perdere tempo a qualcuno. Magari si ha paura di apparire immodesti, presuntuosi, superbi.
Non dico della vita privata di ognuno: dico della nostra associazione. Durante le riunioni il sentimento che più d’altri si manifesta è di sovente questo.
Sapete perché succede? Perchè le persone che hanno questi pensieri sono, spesso, persone bene educate, modeste, sobrie e misurate. Sanno che le azioni di ognuno possono anche diventare pesanti per altri, e si fanno scrupolo.
Penso che tra le molte cose che abbiamo ancora da imparare ci sia quella di non avere paura. Per fare quello che l’associazione sta facendo ci vuole una forte umanità, tutto compreso. La paura a volte serve: frena, ristabilisce distanze, modera. Altre volte (spesso) è un peso, un orpello, un ingombro.
Se nei fini dell’associazione c’è la realizzazione e la gestione di una scuola in Costa d’Avorio non c’è da aver paura: questi occhi meritano tutto il coraggio e la sfrontatezza del mondo.
Paura di fare male, di non fare abbastanza, di non farlo bene come andrebbe fatto. Paura che qualcuno pensi male di ciò che si è fatto, paura di urtare la sensibilità di qualcuno, paura di irritare i benpensanti, quelli dalla faccia pulita e onesta. A volte si ha paura persino di perdere tempo o di far perdere tempo a qualcuno. Magari si ha paura di apparire immodesti, presuntuosi, superbi.
Non dico della vita privata di ognuno: dico della nostra associazione. Durante le riunioni il sentimento che più d’altri si manifesta è di sovente questo.
Sapete perché succede? Perchè le persone che hanno questi pensieri sono, spesso, persone bene educate, modeste, sobrie e misurate. Sanno che le azioni di ognuno possono anche diventare pesanti per altri, e si fanno scrupolo.
Penso che tra le molte cose che abbiamo ancora da imparare ci sia quella di non avere paura. Per fare quello che l’associazione sta facendo ci vuole una forte umanità, tutto compreso. La paura a volte serve: frena, ristabilisce distanze, modera. Altre volte (spesso) è un peso, un orpello, un ingombro.
Se nei fini dell’associazione c’è la realizzazione e la gestione di una scuola in Costa d’Avorio non c’è da aver paura: questi occhi meritano tutto il coraggio e la sfrontatezza del mondo.
lunedì 5 novembre 2007
Una lettera
Barbiana, 7 gennaio 1966
Cara Nadia
…
I poveri non hanno bisogno dei signori. I signori ai poveri possono dare una cosa sola: la lingua, cioè il mezzo di espressione. Lo sanno da sé i poveri cosa scrivere quando sapranno scrivere.
E allora se vuoi trovare Dio e i poveri bisogna fermarsi in un posto e smettere di leggere e studiare e occuparsi solo di far scuola ai ragazzi della età dell’obbligo e non un anno di più, oppure gli adulti, ma non una parola di più dell’eguaglianza…
Quando avrai perso la testa, come l’ho persa io, dietro poche decine di creature, troverai Dio come premio. Ti toccherà di trovarlo per forza, perché non si può far scuola senza una fede sicura. È una promessa del Signore contenuta nella parabola delle pecorelle…
“Quello che avete fatto a questi piccoli… ecc.”. È inutile che tu ti bachi il cervello alla ricerca di Dio o non di Dio. Ai partiti dagli soltanto il voto, ai poveri SCUOLA SUBITO PRIMA DI ESSER PRONTA, PRIMA D’ESSER MATURA, PRIMA D’ESSER FIDANZATA E SPOSATA, PRIMA D’ESSER CREDENTE. TI RITROVERAI CREDENTE SENZA NEMMENO ACCORGERTENE.
Un affettuoso saluto da me e dai ragazzi, tuo
Lorenzo Milani
“Lettere di don Lorenzo Milani”, Mondadori, 1970
Cara Nadia
…
I poveri non hanno bisogno dei signori. I signori ai poveri possono dare una cosa sola: la lingua, cioè il mezzo di espressione. Lo sanno da sé i poveri cosa scrivere quando sapranno scrivere.
E allora se vuoi trovare Dio e i poveri bisogna fermarsi in un posto e smettere di leggere e studiare e occuparsi solo di far scuola ai ragazzi della età dell’obbligo e non un anno di più, oppure gli adulti, ma non una parola di più dell’eguaglianza…
Quando avrai perso la testa, come l’ho persa io, dietro poche decine di creature, troverai Dio come premio. Ti toccherà di trovarlo per forza, perché non si può far scuola senza una fede sicura. È una promessa del Signore contenuta nella parabola delle pecorelle…
“Quello che avete fatto a questi piccoli… ecc.”. È inutile che tu ti bachi il cervello alla ricerca di Dio o non di Dio. Ai partiti dagli soltanto il voto, ai poveri SCUOLA SUBITO PRIMA DI ESSER PRONTA, PRIMA D’ESSER MATURA, PRIMA D’ESSER FIDANZATA E SPOSATA, PRIMA D’ESSER CREDENTE. TI RITROVERAI CREDENTE SENZA NEMMENO ACCORGERTENE.
Un affettuoso saluto da me e dai ragazzi, tuo
Lorenzo Milani
“Lettere di don Lorenzo Milani”, Mondadori, 1970
domenica 4 novembre 2007
M'bonuà, Costa d'Avorio, ottobre 2007
Ecco ancora una foto che ci rende felici. Sono i bimbi adottati a distanza, gestiti dall’associazione “Luca è con noi”. Hanno lo zaino nuovo-nuovo e ci sembrano piuttosto contenti, se non altro sereni.
Questo è ciò che conta: non le parole, i propositi, i convegni. Conta quello che si fa, contano i fatti e questa foto rappresenta un fatto.
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